Riportiamo l'intervento del nostro capogruppo
in Consiglio Regionale, Edoardo Sasco,
sul tema dibattuto al convegno delle
Associazioni Cattoliche Italiane
tenutosi recentemente a Todi.
La questione dei cattolici italiani e la politica, dibattuta in questi giorni in relazione al Convegno di Todi delle associazioni cattoliche al quale è intervenuto, tra gli altri, il Presidente della CEI cardinal Bagnasco.
Bagnasco ripropone, in questa interminabile fase di transizione politica e sociale, spunti molto interessanti. Questo argomento trova ogni giorno maggiore consistenza, sia in relazione al dibattito politico ora in corso, sia ai ripetuti richiami di Papa Benedetto XVI, l’ultimo dei quali pronunciato un paio di settimane fa a Lamezia Terme, attraverso i quali viene sollecitato un maggior impegno dei cattolici italiani in politica.
Evidentemente la situazione del Paese è talmente grave, al punto che la Chiesa italiana si sente in dovere di richiamare i cattolici a prendere coscienza che senza un apporto costruttivo da parte di questa notevole componente della società italiana e ancor più senza attingere ai valori e ai principi della Dottrina Sociale della Chiesa difficilmente potremo uscire da questa crisi epocale che ci sta travagliando ormai da troppo tempo.
(segue)
Pensiamo, ad esempio, alla crisi economica, dovuta alla mancanza di ogni etica e al fatto che la politica non ha più alcun primato su di essa e che, di conseguenza, le scelte economiche sono dettate dallo strapotere di alcuni gruppi economici e dagli speculatori finanziari, riversandosi negativamente sulla povera gente.
I cattolici italiani, lo abbiamo ricordato in quest’anno del 150° dell’Unità d’Italia, hanno fornito un grande contributo alla crescita sociale e economica nel nostro Paese fino ai primi anni ’90 del secolo scorso, momento in cui si è interrotta la loro partecipazione diretta e unitaria alla vita politica italiana.
Successivamente, con l’affermarsi di un bipolarismo inadeguato, ora arrivato inevitabilmente al capolinea, l’impegno dei cristiani italiani si è disperso in diversi rivoli, fino a far diventare insignificante, tranne che in alcune limitate e lodevoli eccezioni, il loro peso e il loro apporto specifico.
Si sta dunque cercando di fare qualcosa di più e di meglio; a mio avviso però siamo ancora in una fase propedeutica, nella quale si sta tentando di ricostruire un tessuto sociale sfilacciatosi, limitandosi solamente al semplice dibattito all’interno delle mura ecclesiali, facendo venir meno invece il dovere della pubblica testimonianza della nostra fede.
Bisogna evidentemente incidere pubblicamente più di quanto non sia accaduto recentemente, attraverso le proposte che i diversi mondi della rete associativa sono in grado di prospettare, con concretezza ed efficacia, per uscire dall’attuale situazione di crisi.
L’associazionismo cattolico è radicato sul territorio ed è in grado di ascoltare le esigenze della gente, certamente molto di più di quanto non lo siano in grado di fare attualmente i parlamentari nominati dai partiti, anch’essi distanti dai cittadini perché sovente espressione di vertice anziché dalla base.
Peccato che il nostro associazionismo sia troppo spesso silenzioso, poco propenso a far sentire la loro voce con la dovuta energia e fermezza. Ricordo, al riguardo, un avvenimento purtroppo isolato, di grande impatto emotivo e mediatico, rappresentato nel maggio 2007 dal Family day che ha portato in piazza a Roma quasi un milione di persone.
Ora sono in molti a sollecitare un qualcosa di più, perché gli spaventosi vuoti di idee e la frequente improvvisazione di molti politici, vanno colmati con azioni concrete, da mettere poi in rete in modo omogeneo e non soltanto attraverso iniziative isolate e discontinue.
Non si tratta di rispolverare nostalgie del passato, di rifare una seconda DC, improponibile nell’attuale fase storica, per il venir meno delle condizioni del 1948 e dei decenni successivi. Si tratta invece di individuare un programma politico per il Paese, da proiettare nel medio termine, ancorandolo saldamente ai valori del PPE, in quanto ritenuto il più vicino ai valori del mondo cristiano.
Da un programma chiaro e preciso, che si occupi delle famiglie, dell’emergenza educativa, del lavoro e dei rapporti tra generazioni, accompagnato da un rinnovamento morale individuale e collettivo, potrebbe in futuro nascere una nuova formazione legata all’ispirazione cristiana, ma allo stesso tempo laica e certamente autonoma dalla Chiesa.
Perché questa prospettiva si concretizzi, nell’interesse del Paese, non sarà ininfluente la legge elettorale che si andrà ad approvare in Parlamento, tenuto conto che quella attuale è ormai palesemente inefficace e che anche l’eventuale “mattarellum” non risolverebbe il problema della governabilità.
Spetta pertanto ai cattolici dialogare più intensamente tra loro, per trovare uno strumento di impegno comune anche in politica, il più unitario possibile, cosa che di fatto sta già ora avvenendo a livello nazionale senza i pudori del recente passato e che potrebbe offrire all’Italia soluzioni per uscire da una crisi economica e valoriale sempre più profonda, il cui perdurare sta portando sempre più la gente all’indignazione e alla rassegnazione
Resta perciò quanto mai valido, per tutti noi, il monito rivolto a Todi dal cardinal Bagnasco, che ha ribadito “come sia un grave peccato d'omissione per i cattolici disinteressarsi degli aspetti sociali e del bene comune".
Impegniamoci dunque, in questa direzione, più e meglio di quanto non lo abbiamo fatto nel recente passato, per non venir meno ad un grave compito che attualmente incombe sui cattolici italiani, chiamati a fornire un “supplemento d’anima” all’attuale travagliato momento politico.
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